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Essere carabiniere ai tempi del Covid 19, l'esempio del Maresciallo Francesca Bellotta



Le immagini dei camion militari che nella notte di Bergamo portano via le salme dalle sale mortuarie stracolme rimarranno tra i simboli della tragica storia del Covid-19. È uno dei diversi modi in cui le Forze armate italiane stanno facendo la loro parte nello sforzo collettivo del Paese per superare la fase emergenziale della pandemia. L’importanza delle Forze armate italiane nel supporto alle autorità civili sta giocando un ruolo importante,  mai marginale, con 30mila militari impegnati su vari fronti. La sanità militare è la componente dello strumento militare che più supporta le attività coordinate dalla Protezione Civile. Attualmente, 65 medici e 53 infermieri sono impiegati negli ospedali a Bergamo, Lodi, Milano e Novara, nel carcere di Parma e in una casa di cura a Macerata. Inoltre, gli ospedali e altre strutture militari in tutta Italia (in particolare a Roma, Milano e Taranto) stanno offrendo nel complesso 6.700 posti letto, con il lavoro di altri 39 tra medici e infermieri. Anche in questo caso, la tempestività è tra le caratteristiche dell’intervento delle Forze armate: gli ospedali da campo di Piacenza e Crema sono stati realizzati in sole 72 ore.

Importante è anche il contributo al trasporto urgente di pazienti, personale medico e macchinari sanitari. Di fronte alla pandemia, i militari stanno svolgendo con tempestività, costanza e ampia mobilitazione di personale e mezzi, il loro lavoro.

Molti sono i nostri compaesani (di San Giovanni a Piro), arruolati nelle varie forze armate, che stanno svolgendo con dedizione il loro compito in questa pandemia; tra queste c’è il Maresciallo Francesca Bellotta, che dallo scorso luglio svolge la sua missione in Lombardia, la regione maggiormente colpita dal covid-19.

Per il Maresciallo Bellotta la sua è da sempre una vera e propria missione, un sogno, un ideale sposato completamente, non solo quando indossa la divisa, ma anche nei restanti momenti della giornata. Attraverso di lei, e dei suoi ideali, riusciamo a percepire cosa significhi “essere un carabiniere” e non “fare il carabiniere”; come lei, molti altri, non solo in questa pandemia, difendono la nostra vita, permettendo la sicurezza del territorio e il rispetto delle regole, molte volte senza grandi gratificazioni personali ed economiche.

In questo periodo di crisi mondiale stanno controllando il territorio, si accertano che vengano rispettate le regole del distanziamento sociale, controllano le nostre strade, verificano che nessuno violi le regole imposte e fugga verso seconde case.

Francesca, insieme a molti suoi colleghi, sta inoltre regalando un sorriso a chi è meno fortunato, come accaduto nelle festività pasquali quando sono state donate uova di cioccolato ai bambini. Le forze armate vivono a stretto contatto quotidianamente con i pericoli, ai quali si è aggiunto anche il rischio di ammalarsi dal virus, e molti infatti a causa di questo sono deceduti, continuando fino all’ultimo a svolgere il proprio lavoro, non tirandosi indietro. Ognuno di questi eroi è un padre o una madre di famiglia, altri figli, come la nostra Francesca che da mesi, ormai, è lontana dalla sua famiglia, a cui è legatissima, dai suoi affetti più cari e della sua terra.

Non è una situazione semplice quella che stiamo vivendo, ma farlo, come sta facendo lei, continuamente esposta al pericolo e senza uno sguardo rassicurante o un abbraccio di un affetto caro lo è ancor di più. Ricordiamoci di questi sacrifici anche dopo la pandemia e continuiamo a rispettare chi indossa una divisa, chi ci protegge e mette in pericolo la propria vita, perché dietro quella divisa c’è una persona, che come ogni individuo, ha le sue emozioni da gestire. Grazie Francesca, grazie a tutte le forze armate e alla protezione civile per quello che state facendo.

Annamaria Mandara

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