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Ammennicolo d'amore



Giusy ha sempre lavorato il giorno del suo onomastico, impegnata tra i suoi amati fornelli, per soddisfare il palato dei bambini delle scuole del suo paese.

Lei è una cuoca, di quelle di una volta, senza francesismi o stelle da mostrare, ma tutta concretezza e voglia di impastare.

Ma prima di Natale la sua vita sbanda improvvisamente, senza preavviso e disintegrando ogni certezza.

È costretta a lasciare i suoi affetti e il suo lavoro, per affrontare, vis à vis, un nemico capace di scalfire anche una persona combattiva come lei.

Nonostante il cancro le avesse sferrato un pugno in pieno volto, Giusy regge il colpo.

Il percorso terapeutico è faticoso soprattutto per la psiche; la famiglia la supporta e la pungola costantemente, solo al padre ottantenne si cerca di edulcorare la situazione, per non gravare su un’esistenza già provata dalla perdita di un figlio e della moglie.

Nonostante la chemioterapia Giusy fronteggia disagi e scoramenti, ma il Covid 19 la costringe ad isolarsi e a barricarsi in casa.

Mentre con i figli e le sorelle il dialogo avviene tramite il cellulare, il padre è costretto a vedere il suo volto, coperto da una mascherina, attraverso una finestra.

Zio Tore, così amano chiamarlo in paese, ogni mattina bussa con le sue nocche a quel freddo vetro. Lascia la legna per il camino di Giusy dentro una carriola, un barattolo del miele delle sue api se lei lamenta dolore alla gola. 

La sera prima di andare a dormire la buonanotte è sempre filtrata dalle ante della finestra.

Il 18 marzo zio Tore passa e chiede a Giusy: “Chi ti serv figlia mia? Come ti sient?”.

Lei commossa dalle attenzioni del padre, “Papà per domani ti vuliss cucinà i cavatielli e mi sirviss na matra piccininna pi mbastà”, “Quanta adda ess?” ribatte zio Tore,  “Nun tanta grossa, giusto pi mbastà dui puina i farina”.

In mezza giornata le mani, laboriose e concrete, dell’ottantenne padre creano il regalo per la figlia e al mattino seguente il bussare alla finestra è meno triste del solito.

“Buon appetito e buona festa del papà” furono le poche parole che Giusy riuscì a pronunciare nel passarsi, sotto quell’inferriata, un piatto fumante di cavatielli al ragù. 

Sandro Paladino

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